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Qualifica di ONLUS: obblighi e requisiti per il Volontariato

(a cura del Cesvot News Anno XII numero 7 del 21 aprile 2009)

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Qualifica di Onlus: Obblighi e requisiti per il volontariato (Come noto, l’art. 30 del decreto legge 29 novembre 2008 n. 185 come convertito in legge n. 2 del 28 gennaio 2009, ha introdotto importanti novità per gli enti associativi ed anche per le organizzazioni di volontariato iscritte ai registri regionali di cui alla legge n. 266/1991. Tali enti, infatti, non sono più necessariamente tutti e comunque Onlus. La qualifica di Onlus si applica – almeno in via ‘automatica’ – per effetto della citata disposizione, alle sole organizzazioni di volontariato che svolgono le attività commerciali marginali previste dal DM del 25.5.1995. Ne consegue che le organizzazioni di volontariato che svolgono attività diverse da quelle descritte non possono più beneficiare della qualifica automatica di Onlus, né delle conseguenti agevolazioni fiscali.
Ricordiamo che le attività commerciali marginali sono esclusivamente quelle descritte nel citato decreto. Si tratta, è del tutto evidente, di una questione di fondamentale importanza per molte organizzazioni.
In merito all’art. 30 si segnala la recente circolare n. 12/E dell’ Agenzia delle Entrate che fornisce alcuni primi chiarimenti in proposito.
Si tratta di un importante documento che affronta tutto il disposto dell’art. 30 ed in particolare il nuovo adempimento previsto dai primi commi del medesimo articolo, concernente l’obbligo di una ulteriore comunicazione obbligatoria per moltissimi enti. Sarà quindi necessario tornare sulle varie questioni. Al momento, è tuttavia opportuno segnalare la questione più direttamente afferente le organizzazioni di volontariato iscritte ai registri regionali.

Perdita della qualifica di Onlus

Il comma 8 dell’art. 10 decr. lgs. n. 460/97.

Come noto, la disposizione di legge interviene sul comma 8 dell’art. 10 del decr. lgs n. 460/97 modificando i requisiti richiesti alle organizzazioni di volontariato per potersi qualificare Onlus.
Dopo aver descritto nuovamente le attività commerciali marginali e le condizioni perchè tali possano qualificarsi, la circolare 12/E del 2009 ribadisce che ogni diversa attività fa perdere la qualifica automatica. Il documento ricorda che la natura commerciale o non commerciale di attività diverse da quelle del DM del 1995 deve essere fatta su parametri oggettivi richiamati dalla stessa circolare al paragrafo 1.1.1. “senza che a tal fine possa assumere rilievo la qualificazione statutaria della stessa”. In altri termini, come più volte affermato, la circostanza che l’attività sia statutariamente prevista è elemento del tutto indifferente ed ininfluente rispetto al problema della qualificazione dell’attività stessa.
L’Agenzia delle Entrate quindi anche a seguito della disposizione del comma 5 dell’art. 30 “esercita l’autonoma attività di controllo anche sulle organizzazioni iscritte negli appositi registri del volontariato al fine di accertare l’eventuale svolgimento di attività commerciali diverse da quelle elencate dal decreto del 25 maggio 1995 e, conseguentemente, la spettanza o meno delle agevolazioni”.
La recente circolare, non contiene altre indicazioni, ma si limita – sul punto – a ribadire la portata della norma che per la verità è apparsa subito piuttosto chiara.
Resta, ad esempio, aperta la questione relativa alle attività statutariamente previste svolte in regime di convenzione con la Pubblica Amministrazione, aventi finalità sociali. Tale attività, infatti, in alcune ipotesi potrebbe non potersi qualificare come rientrante in quelle previste dal DM del 1995. Per quanto tali attività siano per espressa previsione di legge considerate non partecipanti alla formazione della base imponibile di tutti gli enti non commerciali, un chiarimento in proposito sarebbe estremamente importante e necessario.

Attività commerciali marginali

Ricordiamo che le attività commerciali marginali non sono una percentuale delle entrate totali dell’associazione, ma sono esclusivamente quelle indicate dal più volte richiamato decreto ministeriale che di seguito riportiamo per esteso e che rappresenta il punto di verifica e di controllo che ogni organizzazione di volontariato iscritta deve effettuare. Si richiama l’attenzione sia sulle singole attività descritte, sia sul secondo comma di tale decreto, quando fissa stringenti e limitate condizioni di svolgimento delle attività. Come ben si può comprendere quando le attività svolte sono organizzate in forma continuativa, con l’impiego di personale e quindi in forma, anche minima, di impresa l’attività non può qualificarsi come marginale.

Soluzioni e ipotesi

Non è possibile fornire indicazioni che valgano per tutte le organizzazioni di volontariato, né individuare ipotesi valide per tutti i soggetti. Tuttavia, alcune considerazioni assai generali possono essere tentate.
Laddove l’organizzazione di volontariato iscritta voglia mantenere la qualifica di Onlus “di diritto” e contestualmente svolga attività ulteriori rispetto a quelle previste dal DM 25.5.1995, deve essere valutata l’ipotesi di svolgere tali attività con altro e diverso soggetto. E’ chiaro infatti che una attività di natura commerciale, pur nel rispetto del divieto di distribuire utili e nella finalità generale di assenza di scopo di lucro, può essere meno problematica se svolta all’interno di un soggetto che non si qualifica come Onlus, ad esempio una associazione di promozione sociale ai sensi della legge n. 383/2000 o di un ente non commerciale di tipo associativo non iscritto ad alcun registro particolare.
Ovviamente, deve trattarsi di un soggetto autonomo e distinto che gode di una sua effettiva attività non commerciale di carattere prevalente, che ha una effettiva e reale base associativa separata ed autonoma dall’altra associazione Onlus. Si deve anche segnalare che la disposizione del noto art. 30 comma 5 incide esclusivamente sulla qualifica ‘automatica’ di Onlus. In linea teorica, non è quindi escluso a priori che un ente che perde la qualifica automatica possa riacquisire tale natura fiscale attraverso le normali vie degli art. 10 e 11 del decreto n. 460. Tuttavia, in concreto, appare assai difficile che chi ha perso tale qualifica, per effetto della nuova norma, possa essere in possesso degli altri requisiti per qualificarsi organizzazione non lucrativa attraverso la norma previsione degli art. 10 e 11 del decreto n. 460/97 con iscrizione alla DRE.

Obbligo di comunicazione all’Agenzia delle Entrate: soggetti obbligati ed esclusi

Ricordiamo che il comma 1 dell’art. 30 in questione prevede un nuovo obbligo di comunicazione all’ Agenzia delle Entrate per tutti gli enti di tipo associativo.
Al momento manca il provvedimento attuativo e quindi i termini, le modalità ed il contenuto definitivo di tale comunicazione. Tuttavia, qualche considerazione può essere fatta, stante la rilevanza del provvedimento.
Si tratta di una comunicazione tesa ad aumentare il controllo sugli enti di tipo associativo al fine della verifica della loro effettiva natura. Potremmo definirla come un vero e proprio “giro di vite” attorno all’associazionismo che, tuttavia, può finire per coinvolgere molti soggetti.
Tale comunicazione è condizione essenziale – insieme a molte altre previsioni di legge – per poter godere del particolare regime previsto per gli enti non commerciali di tipo associativo ai fini Ires ed Iva. In estrema sintesi, tale particolare regime consiste nella previsione che l’attività resa in diretta attuazione delle finalità istituzionali a propri associati o partecipanti può non essere qualificata come di natura commerciale.
Si tratta della parte prevalente della circolare n. 12/E, sulla quale quindi sarà opportuno tornare, anche perché al momento non sono ancori diffusi – come detto – i modelli i termini le modalità concrete di invio. Tuttavia alcuni elementi devono segnalati, in particolare due. In primo luogo, la circolare ribadisce che a tale comunicazione sono obbligati tutti gli enti di tipo associativo che fruiscono del particolare regime di cui all’art. 148 del Tuir anche se si limitano a riscuotere quote associative oppure contributi versati dagli associati o partecipanti a fronte dell’attività istituzionale svolta dai medesimo (si veda il paragrafo 1.2.).
In secondo luogo, non tutte le organizzazioni di volontariato iscritte ai registro sono esonerate dall’adempimento in questione. Sono escluse le sole organizzazioni di volontariato che svolgono esclusivamente attività commerciali marginali più volte richiamate e che quindi, come detto sopra, mantengono la qualifica di Onlus automaticamente. Ne consegue, evidentemente, che le organizzazioni di volontariato iscritte che svolgono attività diverse da quelle descritte nel citato DM – e che quindi hanno visto perdere la qualifica automatica – sono obbligate alla comunicazione in questione.

Attività commerciali marginali

D.M. 25.5.1995

1. Agli effetti dell’art. 8, comma 4, della legge 11 agosto 1991, n. 266, si considerano attività commerciali e produttive marginali le seguenti attività:
a) attività di vendita occasionali o iniziative occasionali di solidarietà svolte nel corso di celebrazioni o ricorrenze o in concomitanza a campagne di sensibilizzazione pubblica verso i fini istituzionali dell’organizzazione di volontariato;
b) attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;
c) cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari sempreché la vendita dei prodotti sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;
d) attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale;
e) attività di prestazione di servizi rese in conformità alle finalità istituzionali, non riconducibili nell’ambito applicativo dell’art.111, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, verso pagamento di corrispettivi specifici che non eccedano del 50% i costi di diretta imputazione.
2. Le attività devono essere svolte:
a) in funzione della realizzazione del Þne istituzionale dell’organizzazione di volontariato iscritta nei registri di cui all’art. 6 della legge n. 266 del 1991;
b) senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato, quali l’uso di pubblicità dei prodotti, di insegne elettriche, di locali attrezzati secondo gli usi dei corrispondenti esercizi commerciali, di marchi di distinzione dell’impresa.
3. Non rientrano, comunque, tra i proventi delle attività commerciali e produttive marginali quelli derivanti da convenzioni.

Principali fonti richiamate

– Circolare Agenzia Entrate n. 12/E del 09 aprile 2009 – Chiarimenti in merito ai nuovi adempimenti per gli Enc e alle Onlus
– Art. 30 DL 29/11/2008 n. 185 come convertito in legge n. 2/2009 – Modifiche alla disciplina degli enti associativi, delle Onlus e nuovi adempimenti
– Art 148 del Tuir dpr 917/1986 – Disciplina degli enti non commerciali di tipo associativo e condizioni per l’agevolazione
– Art. 10 del Decr. LGS N. 460/97 – Disciplina delle Onlus
– Decreto ministeriale 25.5.1995 – Definizione di attività commerciali marginali

 

Che cosa sono i Protocolli?

Le procedure d’emergenza devono necessariamente essere uguali per tutti. Il protocollo quindi è un manuale teorico che fornisce indicazioni univoche sul comportamento da tenere durante le operazioni di soccorso. Assieme alla formazione pratica, al tirocinio, al praticantato ed all’esperienza permette al soccorritore volontario d’offrire un servizio di qualità.
Le linee guida rappresentano la formulazione di sequenze di azioni e pensieri che sono finalizzati al raggiungimento di un particolare obiettivo e che sono considerate adeguate dal Servizio di Emergenza Territoriale. Sebbene i termini linee guida, protocolli e procedure vengano a volte usati indistintamente per indicare lo stesso concetto esiste una notevole diversità tra loro ed in questo contesto verranno utilizzate nell’accezione seguente:

  • Procedura: modalità in cui deve venir eseguito un particolare compito (es: procedura dell”incannulamento venoso, procedura della medicazione)
  • Linea guida: sequenza di azioni o di procedure finalizzate alla soluzione di un problema (es: linee guida per la stabilizzazione vertebrale, linee guida per la fibrillazione ventricolare)
  • Protocollo: articolato processo operativo composto da molteplici procedure e linee guida mirante al completo approccio assistenziale per quella particolare situazione in atto (es: protocollo per il trauma cranico, protocollo per il dolore cardiaco).

L’uso sistematico delle linee guida garantisce uniformità di trattamento chiunque sia l’operatore impegnato e nel contempo semplifica l’approccio assistenziale anche a personale inesperto; inoltre distribuisce equamente i carichi di lavoro tra i diversi componenti dell’equipe e rende più agevole la coordinazione tra persone non abituate a lavorare insieme, pertanto il loro utilizzo viene caldamente incoraggiato per quanto se ne auspichi un utilizzo critico e flessibile per evitare risposte inadeguate o improprie dovute all’eccessivo schematismo. Il personale medico è libero di deviare a propria discrezione dalla specifica linea guida mentre il personale volontario di soccorso può operare modifiche procedurali solo dopo conferma della Centrale Operativa o a seguito di un palese riscontro di non praticabilità. In entrambi i casi, ad operazione terminata, è necessario discutere la variazione con il responsabile del servizio così da valutarne l’appropriata esecuzione e, se necessario, l’adattamento della stessa linea guida.

 

Cartello di Kemler con codifica ONU

cartello_kemler_codifica_onuTutti i veicoli che trasportano sostanze pericolose hanno per legge apposto sui 4 lati un cartello identificativo del tipo e della pericolosità della sostanza trasportata. Tale cartello ha forma rettangolare, sfondo arancione rifrangente e numerazione di colore nero: quello superiore è denominato “Numero di Kemler” e rappresenta il grado di pericolosità della sostanza trasportata; mentre il numero posto nella fascia inferiore del cartello e’ il così detto Numero ONU che identifica la sostanza.
Il Numero Kemler è un indice di pericolo. (DD.MM. 25/02/86 e 21/03/86).
La prima cifra individua il pericolo primario:
1-esplosivo
2-gas
3-liquido infiammabile
4-solido infiammabile
5-materia comburente
6-materia tossica
7-materia radioattiva
8-materia corrosiva
Se nella sezione superiore il numero Kemler è preceduto dalla “X” è assolutamente vietato usare Acqua; quindi nel caso di pioggia bisogna tenersi a debita distanza in attesa che sopraggiungano i Vigili del Fuoco.
Le altre cifre individuano il pericolo secondario:
0-nessun pericolo secondario
1-esplosione
2-emissione di gas dovuta a pressione o reazione chimica
3-infiammabilità di liquidi (vapori) e gas
4-infiammabilità di solidi
5-proprietà comburenti
6-tossicità
8-corrosività
9-pericolo di violenta reazione per spontanea decomposizione o polimerizzazione (materia instabile)
Se la seconda cifra viene ripetuta indica un alto pericolo (es. 266 indica gas molto tossico)
Il Numero ONU identifica la sostanza trasportata in modo univoco (identificazione chimica) ed è composto da 4 cifre (DD.MM. 23/02/90 e 24/02/90).
Esempi:
Acetilene Formula: C2H2 Numerazione cartello Kemler: 23/1001
Cloro Formula: Cl2 Numerazione cartello Kemler: 266/1017